"I risultati comunicati dall'Università di Oxford di questo 'trial Recovery' sono sicuramente incoraggianti, ma sono preliminari, ovvero non c'è niente di consultabile e verificabile, quindi la prudenza è adeguata, soprattutto alla luce di quello che è successo con un paio di altri farmaci con risultati poi ritrattati". A spiegarlo ai microfoni della RSI è Alessandro Ceschi, direttore dell’Istituto farmacologico della Svizzera italiana, che commenta così le "buone notizie" emerse martedì da una ricerca britannica sull'utilizzo del desametasone nella cura del Covid-19.
Secondo gli studiosi che fanno capo all'Università di Oxford, questo farmaco - che è largamente disponibile e ha un costo basso - riduce la mortalità del 35% in pazienti che necessitano di respiratori e del 20% in quelli trattati con ossigeno. Il Regno Unito ha già deciso di renderlo disponibile negli ospedali per trattare le persone ricoverate, e l'Organizzazione mondiale della sanità si è congratulata con i ricercatori per aver trovato un farmaco che potrebbe salvare delle vite.
"Se questi risultati dovessero poi confermarsi, e i presupposti sono buoni perché è un grosso studio ben organizzato, sarà sicuramente un fatto molto rilevante per migliorare la cura dei pazienti gravemente malati di Covid-19", afferma Ceschi, spiegando che fino ad ora, il desametasone in Svizzera veniva "usato poco e con grande cautela perché c'erano solo dei dati preliminari e molto discussi che indicavano un minimo effetto benefico".
Il fatto che costi poco è sicuramente una cosa molto positiva perché se questi dati preliminari saranno confermati sarà sicuramente un grande passo avanti. Si potrà mettere a beneficio di questo trattamento un numero importante di pazienti.
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