Reportage

La chiusura della Lati e il derby del formaggio

La fine dell’attività dell’azienda di Sant’Antonino avrà ripercussioni su tutta la filiera - “Non è stata in grado di creare un mercato fuori dal Ticino” - Nel Cantone ci sono sempre meno produttori di latte e importarlo da OItralpe costa caro

  • 28 aprile, 06:30
  • 29 aprile, 08:13

LATI, anatomia di un "fallimento"

Falò 25.04.2024, 21:30

Di: Roberto Bottini/Falò

Fondata nel 1992 la Lati chiuderà i battenti entro l’estate. Un passo che segna la fine di un sogno per il settore lattiero caseario ticinese: quello di tentare di evolvere da una produzione artigianale a un’attività di tipo industriale. La chiusura avrà delle ripercussioni pesanti per l’azienda di Sant‘Antonino e per tutta la filiera del latte Ticinese. Verranno soppressi 13 posti di lavoro, parte dei formaggi prodotti alla Lati, come il tomino o il quadratino, scompariranno, ma soprattutto cinque milioni di litri di latte ticinese, prima di finire sugli scaffali, saranno costretti a fare avanti e indietro dal Canton Lucerna.

Per i 120 produttori del cantone si porrà un problema grave legato ai costi di trasporto. Andrea Bizzozero, portavoce della federazione Ticinese produttori di latte, esprime la preoccupazione del settore: “Il latte ticinese è quello meno pagato per le enormi spese di trasporto che abbiamo. Un’azienda media in Svizzera interna se munge 20’000 litri di latte, può spendere all’incirca 2/300 franchi al mese per il ritiro del latte, un’azienda ticinese su 20’000 litri oltrepassa i 2’000 franchi.”

Cifre che hanno indotto la federazione a chiedere al Cantone un aiuto urgente, per coprire i costi di trasporto. Una risposta è attesa a giorni. Sono molte le ragioni che hanno portato alla chiusura della Lati, fra queste vi è sicuramente la mancanza di materia prima durante l’estate quando i contadini di montagna si tengono il latte per produrre il formaggio dell’alpe pagato meglio.

Carlo Croci, Presidente del CdA della LATI, sottolinea: durante l’estate “abbiamo avuto degli approvvigionamenti che erano da un 5 a un 10% rispetto a quello che avevamo bisogno. Ci servivano 200-300’000 litri in un mese e ce ne consegnavano al massimo 50’000. E il latte acquistato oltre Gottardo veniva pagato a caro per il trasporto”. Tutto questo ha contribuito alla chiusura.

Sempre meno produttori di latte

Il problema della mancanza di latte è strutturale questo perché negli ultimi 25 anni numerosi allevatori di pianura hanno smesso la produzione. Solo sul piano di Magadino afferma Bizzozero “sono sparite 25 aziende”, la produzione complessiva si è dimezzata scendendo da 16 milioni di litri a poco più di 8. Cifre ancora più drammatiche nel Luganese dove i produttori di latte sono rimasti in 5. Alla base di questa emorragia vi è soprattutto il prezzo del latte, sceso durante l’inverno a 53 centesimi al litro, ciò che ha indotto molti contadini a passare alla produzione di carne.

Lati fallisce –perché non è stata in grado di sviluppare un mercato fuori dal Ticino

Carlo Croci, Presidente del CdA della LATI

In attesa della chiusura che avverrà entro l’estate a Sant’Antonino si sta lavorando per salvare il salvabile, sia in termini di posti di lavoro che per mantenere in Ticino la produzione del formaggio. Nove dipendenti verranno assunti dalla Cetra di Mezzovico, altri tre al Caseificio del Gottardo. Il patron delle Cetra, Jürg Drayer è da sempre in prima fila nella promozione del formaggio ticinese: oltre a creare una cantina d’affinamento per il formaggio dell’alpe ha salvato dal fallimento il caseificio del Gottardo, di cui è azionista di maggioranza. Oggi investirà nelle due strutture 2,4 milioni di franchi che consentiranno di mantenere in Ticino oltre 1 milione di chili di formaggio. Per certi versi un rischio visto che alla base della chiusura della Lati, vi è stata anche l’impossibilità di allargare il mercato oltre Gottardo, in un contesto dove sempre più ticinesi vanno a fare la spesa oltre confine.

“Lati fallisce – conferma Croci - perché non è stata in grado di sviluppare un mercato che va oltre il mercato del Canton Ticino. Questo è il vero problema. Il mercato di vendita nel Canton Ticino è completamente saturo.”

In Valle di Blenio qualcosa di muove

Eppure, in Ticino qualcosa si muove in Valle di Blenio dove si lavora da anni a un progetto di un caseificio regionale a Olivone: un investimento da 11 milioni e mezzo di franchi, finanziato dal Cantone e dalla Confederazione che prevede anche la realizzazione di una rete di vendita di prodotti artigianali e dei sentieri didattici. Per i 16 allevatori che vi hanno aderito, spiega il presidente della società agricola Bleniese Luigi Arcioni, il caseificio “permetterebbe di ridurre i trasporti e di trasformare e tenere il valore aggiunto in Ticino, lavorando in valle oltre un milione di chili di formaggio”.

Il “derby” del formaggio

Attualmente, infatti, durante l’inverno il latte della Valle di Blenio, viene lavorato e trasformato in formaggio dal caseificio d’Airolo. E qui c’è un problema perché proprio il caseificio ha bloccato il progetto bleniese con un ricorso al Consiglio di Stato. “Nel 2008 - spiega Jürg Drayer - abbiamo salvato il caseificio del Gottardo dal fallimento, e sarebbe un peccato che con soldi pubblici del Cantone e della Confederazione si fa una nuova struttura che mette in difficoltà quella esistente”.

Così, complice un mercato ormai saturo, a meno che non si trovi il modo di diversificare la produzione fra i due caseifici, il ricorso non verrà ritirato tanto facilmente e questo derby del formaggio non sembra destinato a sbloccarsi molto presto.

Il derby del formaggio

Falò 25.04.2024, 22:00

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