Ticino e Grigioni

Campioni non solo in campo

Più di 500 giovani speranze di 23 quadri nazionali si sono ritrovati al Centro Sportivo di Tenero; il pensiero di procuratori di calcio e basket alla RSI

  • 8 maggio, 19:56
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I migliori talenti svizzeri tra i 10 e i 18 anni a Tenero per un programma di alto livello qualitativo nei rispettivi sport individuali e di squadra

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Di: Seidisera/sdr

I giovani campioni sportivi di domani che sognano di far diventare una professione quella che oggi è la loro passione, devono fronteggiare sfide dove il solo talento in campo non basta. L’entusiasmo non manca, come è possibile ascoltare dalle interviste rilasciate ad alcuni di loro riuniti a Tenero assieme a oltre 500 speranze dello sport svizzero dai 10 ai 18 anni. Gli amanti di calcio, hockey, badminton ed altre discipline si sono ritrovati al centro sportivo con il sogno, sempre lo stesso, ossia arrivare più in alto che si può e non solo in patria ma anche all’estero.

I campioni si osservano in famiglia

Tra questi importanti sogni e la realtà non c’è solo il duro lavoro, come ha spiegato alla RSI Gianluca Di Domenico, titolare della Sport Eleven, una delle agenzie di procuratori di calcio più importanti in Svizzera. “Sicuramente – dice - il talento, a qualità del giocatore è una caratteristica importante. Però la mia esperienza mi ha insegnato tantissimo, anche dopo di incontrare il giocatore, conta la sua famiglia. Oggi io guardo oltre alle caratteristiche sul campo, guardo su tutto che famiglia ha attorno, il suo entourage, i genitori, come la pensano i suoi fratelli e sorelle, perché lì si capisce anche tantissimo del possibile carattere del ragazzo. Oggi nel calcio tanti di questi ragazzi non riescono a fare il passo nel professionismo perché purtroppo ci sono dei genitori che non pensano realisticamente e mettono sotto pressione il figlio”. Secondo il procuratore 16 anni è l’età giusta per un giovane sportivo per iniziare a pensare al mondo del professionismo. Non c’è un limite, ma a quell’età si è già fatto un percorso formativo importante.

Come si guardano i giovani

Un pensiero analogo lo ha espresso Ludovico Basso, luganese che da due anni è una delle cinque persone che si occupa di Europa e Africa per la franchigia NBA dei Philadelphia 76ers di basket. “Ci sono dei talenti generazionali che quando li vedi anche a 12-13 anni capisci subito che faranno strada. Mentre per il talento diciamo normale, io solitamente cerco di non valutare giocatori prima dei 16 anni…. la fascia adolescenziale è molto instabile per questi ragazzi perché magari mi capita di vedere giocatori di 15-16 anni che sono al top, i migliori giocatori della loro generazione, poi magari dopo 2-3 anni sono completamente fuori dal giro”.

Il valore dello studio per essere persone vincenti

Ecco perché parallelamente all’impegno sportivo, si cerca di promuovere anche lo studio. Lo fanno le istituzioni, lo fanno le federazioni e lo fa anche chi accompagna, o almeno chi lo fa in modo serio e responsabile, i giovani talenti in una nuova avventura che si prospetta ricca di opportunità ma anche di insidie. “L’importante – ribadisce Di Domenico - è giocare con divertimento a calcio e non trascurare la scuola. Affinché tu giochi nel calcio élite devi, è un dovere, un obbligo che tu faccia gli studi. Non bisogna mai puntare solo sul calcio. Poi quando si diventa calciatori professionisti, il calciatore ha così tanto tempo per fare uno studio di bachelor o qualsiasi studio di continuare a migliorarsi e fare qualcosa. Uno può fare anche il corso di informatica, può imparare una lingua, però è importante che si faccia qualcosa. Io se fossi un club lo metterei addirittura di obbligo, perché è importante che siamo vicini a questi ragazzi, perché la fase peggiore è sempre quella. Dopo il calcio cosa succede? Cosa divento? Cosa farò? E qui bisogna aiutare i ragazzi”.

Mai confondere sogni con illusioni                

“Molto spesso, parlando con gli allenatori – chiude Basso - o con persone che frequentano i ragazzi, mi dicono “questo ragazzo pensa solo al basket”, immagina la sua vita da giocatore, non ha nessun altro tipo di interesse, non studia già più, ha già mollato la scuola. Quindi, che sia per colpa dei genitori, che sia per colpa di persone, allenatori che magari gli fanno credere qualcosa che non sono, spesso vedo ragazzi che non hanno un’immagine realistica di se stessi e magari già a 15-16 anni si illudono di poter avere un futuro nella pallacanestro, quando in verità sono dei giocatori normali che magari non faranno carriera. E questo accade molto, molto spesso, purtroppo”. L’invito, quindi, è di non confondere il sogno con l’illusione e – pur con il diritto di sognare – bisogna lavorare seriamente sul campo e fuori dal campo.

Giovani e sport: il futuro dei talenti

SEIDISERA 08.05.2024, 18:45

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