Svizzera

Con il "no" lotta al virus a rischio

Il Governo lancia la campagna in vista del secondo voto sulla legge Covid-19, in novembre. Il punto contestato è il certificato

  • 27 settembre 2021, 13:22
  • 10 giugno 2023, 14:35

RG 12.30 del 27.09.2021 La corrispondenza di Mattia Serena

RSI Svizzera 27.09.2021, 14:50

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Di: ATS/pon

Un "no" alla legge Covid-19 il 28 novembre indebolirebbe la lotta al coronavirus in Svizzera, secondo il Consiglio federale, che archiviate le votazioni di domenica ha subito lanciato lunedì la campagna in vista del prossimo appuntamento alle urne. Sul tema si vota per la seconda volta: in giugno i "sì" furono il 60%, in discussione ci sono ora gli adeguamenti operati in marzo che, in caso di bocciatura, popolare decadrebbero dal 19 marzo 2022.

Il presidente della Confederazione Guy Parmelin e il ministro dell'interno Alain Berset hanno ricordato che dalla norma dipende l'estensione di tutta una serie di aiuti ai casi di rigore, agli indipendenti, a chi ha fatto ricorso al lavoro ridotto, alla cultura, agli asili nido, oltre che i programmi di test sostenuti dallo Stato. "Senza questa base giuridica non Berna non potrebbe fornire un aiuto adeguato ai cantoni”, ha sottolineato dal canto suo il consigliere di Stato grigionese Christian Rathgeb durante la conferenza stampa.

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L'elemento contestato - di recente anche in numerose manifestazioni di piazza - è però un altro: il certificato Covid, per gli "Amici della Costituzione" e altre organizzazioni all'origine del referendum, spacca in due la Svizzera e conduce a un'eccessiva sorveglianza. "Il certificato è accessibile a tutti. Chi è guarito può averlo. Chi è vaccinato può averlo. E chi si fa i test può averlo". Dunque non è esclusivo, ha ribadito Berset. Il Governo sostiene inoltre che grazie a questo strumento attribuito secondo la regola delle 3G (in tedesco genesen, geimpft, getestet, per l'appunto guarito, vaccinato o testato) si può "ritrovare una vita sociale quasi normale" e si può evitare il ricorso ad altre misure per contenere la diffusione della malattia, come le chiusure temporanee di attività e il confinamento.

Queste - come l'obbligo di portare la mascherina sui mezzi pubblici o il divieto di eventi - si basano sulla legge sulle epidemie e potrebbero continuare a essere adottate anche nel caso in cui fra due mesi fossero i contrari a prevalere.

Il certificato, ha tenuto a sottolineare Berset, continuerà ad essere richiesto in Svizzera solo il tempo necessario per evitare di sovraccaricare gli ospedali. Lo stesso non si può dire per l'estero: per viaggiare fuori dai confini nazionali, anche tenuto conto del fatto che buona parte della popolazione mondiale non è vaccinata, sarà richiesto molto più a lungo.

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