Svizzera

Cassis: "Innovazione e plurilinguismo"

Le due parole scelte dal neo presidente della Confederazione per segnare il suo mandato - Intervista a tutto campo, dai problemi interni a quelli internazionali

  • 8 dicembre 2021, 20:00
  • 1 giugno 2023, 18:38

SEIDISERA del 08.12.2021 - L'intervista di Anna Riva al neo presidente della Confederazione Ignazio Cassis

RSI Svizzera 08.12.2021, 19:46

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Di: RG-Riva/Red. MM

Signor Consigliere federale, un italofono torna ad essere presidente della Confederazione dopo quasi un quarto di secolo. Quanto sarà un presidente come un altro e quanto un presidente un po’ diverso?

Direi entrambe le cose: come un altro presidente farò del mio meglio per condurre bene le sedute di Consiglio federale. Diversamente da un altro presidente rappresenterò la mia cultura, la mia lingua e il mio modo di pensare e di sognare”.

Per l'italiano, la Svizzera italiana e le minoranze farà di più o di meno rispetto a quanto fatto sinora?

“Farò di più sicuramente, perché avrò la possibilità di determinare l'agenda del Consiglio Federale. Penso che farò delle sedute extra muros, quindi fuori da Berna, farò una gita cosiddetta scolastica del Consiglio federale nel Canton Ticino. Cercherò di portare degli eventi internazionali anche nella mia regione linguistica proprio per creare questo legame forte tra la nostra terra e la Confederazione”.

E se le chiedo una parola con la quale intende caratterizzare il suo anno di presidenza quale sarà?

“Io direi è sicuramente il plurilinguismo e direi anche l'innovazione: sono le due parole che più cercherò di interpretare durante l'anno. Perché da un lato sono ticinese quindi la diversità e il plurilinguismo sono il mio pane quotidiano. Innovazione perché come medico sono sempre attratto dalle novità e dalla capacità di rinnovarsi, non solo nei prodotti ma anche nel modo di organizzare la vita”.

Due anni di pandemia hanno esasperato i toni e creato fratture sociali. Lei ha parlato di una crisi che ci ha separati ma non ci ha divisi. È convinto di questo e cosa fare per sanare queste ferite?

“Sono convinto che non possiamo lasciarci dividere, perché se ci lasciamo dividere non siamo più la Svizzera. È veramente la nostra quintessenza l'essere uniti nella diversità. Cosa farò? Organizzerò come detto delle presenze del governo federale nella Svizzera per essere tra la gente e per ascoltare la gente nelle difficoltà che sta vivendo in questo momento e cercherò di spiegare al meglio le decisioni del Consiglio federale affinché siano capite e vissute correttamente dalla popolazione”.

Quanto ai rapporti con i nostri vicini e l'Unione europea, pensa che nel duplice ruolo di ministro degli esteri e presidente sarà facilitato?

“Indubbiamente il fatto di essere il presidente mi apre delle porte per i capi di Stato e per i capi di governo e quindi faciliterà il dialogo al livello massimo possibile. Questo permetterà di capirci meglio e di definire un'agenda comune”.

Quali saranno i momenti più importanti della sua annata presidenziale? Sappiamo per esempio che in luglio a Lugano, pandemia permettendo, avrà luogo la conferenza sulla riforma ucraina…

“Ci saranno momenti più importanti che potrò dire alla fine perché saranno inattesi e dovremo gestirli e viverli. Possono esserci crisi di ogni tipo: penso alle alluvioni in estate dell'anno scorso, penso a una recrudescenza della pandemia, ma di questo ne parleremo fra un anno. Quelli prevedibili oggi sono, sul piano interno, sicuramente questa presenza sul territorio del Consiglio federale, questo invitare in Svizzera dei capi di governo e capi di Stato stranieri, che quindi mi permetteranno di fare politica estera in Svizzera. E terza cosa naturalmente l'accesso della Svizzera nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU. L'elezione di è prevista a giugno dall'anno prossimo e rappresenterà un momento importante”.

Passiamo ai rapporti tesi tra Occidente e Cina: la Svizzera deve profilarsi oppure mantenere piuttosto un atteggiamento neutrale in questo mondo polarizzato?

“Deve profilarsi in un ruolo neutrale. È sempre stata la nostra vocazione quella di essere dei costruttori di ponti grazie alla nostra neutralità, quella di fungere da mediatori, da facilitatori di dialogo tra chi non si parla più. Più c'è tensione e più noi ci profileremo sul piano mondiale tra coloro che possono aiutare al dialogo”.

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