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Ucraina e Russia, quando la pace sembrava vicina

Subito dopo l’inizio delle ostilità, i due paesi erano a un passo dallo scendere a compromessi, stando a documenti ufficiali. Le trattative di Istanbul sono però poi naufragate

  • 29 aprile, 12:38
  • 29 aprile, 13:34
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Di: Stefano Grazioli

Un paio di settimane fa la rivista statunitense Foreign Policy ha pubblicato un lungo articolo, intitolato “I colloqui che avrebbero potuto porre fine alla guerra in Ucraina”, in cui gli autori hanno analizzato, documenti originali alla mano, la fase dei primi negoziati di pace tra Russia e Ucraina, a cavallo tra la fine di marzo e primi di aprile del 2022. Un’altra analisi è apparsa lo scorso week end sul settimanale tedesco Welt am Sonntag, con lo stesso analogo richiamo “Il documento segreto che avrebbe potuto porre fine alla guerra in Ucraina”; anche in questo caso vengono messi sotto la lente di ingrandimento i passaggi delle trattative di Istanbul, in cui Mosca e Kiev erano arrivate vicine a un’intesa di massima per far cessare le ostilità iniziate da poco più di un mese e che poi finirono accantonate per varie ragioni.

A poco più di un mese dalla prossima conferenza sulla pace che si terrà in Svizzera a metà giugno, non è un caso che anche il dibattito pubblico in Occidente sia tornato agli avvenimenti di ormai due anni fa. Se a livello politico la ricerca concreta di una via per la pacificazione rimane sottotraccia, è evidente che a livello mediatico si sta iniziando a preparare il terreno, sondando il passato e cercando di carpire i suggerimenti per il futuro, come hanno sottolineato gli autori di Foreign Policy.

Il negoziato di Istanbul

Secondo le ricostruzioni accreditate dai documenti originali, che per altro erano stati resi parzialmente noti anche allora, Russia e Ucraina erano davvero arrivate a un passo dall’intesa, seppur con molti e importanti punti da definire, sui quali sarebbe stato necessario un confronto successivo tra Vladimir Putin e Volodymy Zelensky. Su alcuni aspetti fondamentali c’era invece già consenso. Tra questi il primo, citato nel documento di 17 pagine in possesso di Welt am Sonntag, consisteva nell’impegno dell’Ucraina ad adottare una neutralità permanente, ossia Kiev avrebbe dovuto rinunciare a qualsiasi futura adesione a un’alleanza militare, cioè alla NATO. Inoltre l’ex repubblica sovietica avrebbe rinunciato a ogni ambizione di stanziare sul proprio territorio armi nucleari e truppe straniere. Il cammino di Kiev verso l’Unione Europea sarebbe rimasto comunque aperto.

La Russia da parte sua avrebbe rinunciato a futuri attacchi all’Ucraina, nel contesto di un nuovo trattato accompagnato da garanzie di sicurezza per Kiev da parte sia di Mosca che degli alleati occidentali. La bozza di Istanbul prevedeva in ogni caso che Crimea fosse esclusa da questa intesa, rimanendo alla Russia. Veniva poi rimandata a futuri colloqui tra i due presidenti questione dei confini e del Donbass: l’idea era che Putin e Zelensky decidessero su tali questioni in un momento successivo. Come hanno scritto gli autori di Foreign Policy è facile immaginare che il primo avrebbe insistito per mantenere tutto il territorio che le sue forze avevano già occupato e il secondo avrebbe dovuto essere convinto ad accettare le perdite.

Il fallimento

A metà aprile del 2022, dopo vari colloqui, comunicati ufficiali e sussurri dietro le quinte, le prove di intesa erano andate a rotoli, lasciando il via libera al conflitto che nelle sue fasi si stava sviluppando in maniera alterna, anche se la Russia tra la primavera e l’autunno del 2022 si sarebbe prima ritirata dalla zona di Kiev e da parte del nordest dell’Ucraina, cedendo a settembre vari territori a sud di Kharkiv e poi a novembre anche Kherson. Tra le ragioni del fallimento dell’accordo, al di là di alcuni dettagli di relativa importanza che variano nelle diverse bozze su cui le delegazioni russa e ucraina lavoravano, quella principale è probabilmente la mancanza sostanziale di fiducia tra le due parti, con quella ucraina però sottoposta alle pressioni degli alleati.

In questa ottica le ricostruzioni dei media occidentali mettono l’accento sul ruolo della Gran Bretagna e dell’allora premier Boris Johnson, che avrebbe spinto Zelensky a rifiutare ogni tipo di accordo con Putin. Inoltre la bozza di Istanbul poneva l’Occidente davanti a un quadro multilaterale che avrebbe richiesto la volontà di impegnarsi diplomaticamente con la Russia e di considerare concrete garanzie di sicurezza per l’Ucraina: nessuno dei due punti era all’epoca una priorità per gli Stati Uniti e i suoi alleati. Invece di approvare i piani di pace sviluppati in Turchia e avviare così il successivo processo diplomatico, ha notato ancora Foreign Policy, l’Occidente ha intensificato gli aiuti militari a Kiev e ha aumentato la pressione sulla Russia, anche attraverso un regime di sanzioni sempre più duro. 

Le prospettive

In una fase del conflitto che vede la Russia avanzare nel Donbass, mentre l’Ucraina è ancora in attesa di ricevere la gran parte degli aiuti militari sbloccati dagli Stati Uniti e si trova sempre sulla difensiva, la bozza di Istanbul è ritornata quindi d’attualità, rilanciata sia dal Cremlino, dopo l’ultimo incontro tra Putin e il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che dal capo di stato turco Recepp Tayyp Erdogan. Ankara ha ripetuto più volte di essere a disposizione per mediare ancora una volta tra Russia e Ucraina alla ricerca della pacificazione. Il prossimo appuntamento sarà però sul Bürgenstock il 15 e 16 giugno, senza la presenza russa, ma con Zelensky che cercherà di coagulare il fronte occidentale intorno al piano in dieci punti presentato nell’autunno del 2022, che prevede in realtà veri colloqui di pace con la Russia solo dopo che Mosca avrà ritirato le truppe dal Donbass e dalla Crimea: un piano molto lontano da quello di Istanbul e al momento sicuramente più irrealistico.

Ucraina, in mani russe un'altra località nel Donbass

Telegiornale 28.04.2024, 20:00

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