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Siamo tutti americani

Le riflessioni di Roberto Antonini sulla storica apertura statunitense nei confronti di Cuba

  • 18 dicembre 2014, 07:24
  • 7 giugno 2023, 02:33
Si discuterà molto a Washinton del riavvicinamento con L'Avana

Si discuterà molto a Washinton del riavvicinamento con L'Avana

  • reuters

La svolta ha indubbiamente colto di sorpresa un po’ tutti. L’iniziativa è venuta in realtà dal presidente americano e accolta senza porre troppo tempo di mezzo da Raul Castro. La mediazione di Papa Bergoglio ha facilitato la storica svolta. Dopo 52 anni USA e Cuba ristabiliscono le relazioni diplomatiche.

Quando furono interrotte, ai vertici dell’Havana c’era un altro Castro, il fratello Fidel, leader maximo ed eroe della rivoluzione. A Washington, l' inquilino di 1600 Pennsylvania Avenue, era un altro protagonista di quell’epoca: J.F Kennedy. Il muro di Berlino è caduto 25 anni fa, ma la storia della guerra fredda sembrava essersi congelata in quelle 90 miglia che separano Cuba dalle coste della Florida. Una situazione anacronistica volta solo a strangolare il regime castrista.

Lo scambio di prigionieri, forse un po’ in ombra in questi momenti di grande emozione, è pure storico. Perché in cambio di 2 americani accusati di spionaggio (tra cui uno, dietro alle sbarre da 20 anni e di cui si ignorava l’esistenza) rientrano in patria gli ultimi 3 dei celebri “Cuban five”, 5 agenti cubani arrestati nel 2001 mentre erano sulle tracce di criminali cubani, accusati di diversi sanguinosi attentati, rifugiatisi negli USA. All’Havana i “cuban 5” sono considerati alla stregua di veri e propri eroi.

L’America di Obama cancella finalmente anche Cuba dalla black list dei paesi terroristi . Di fatto quella presenza era forse il segnale più evidente di un atteggiamento pretestuoso e discriminatorio nei confronti dell’Isola. Cuba in effetti non ha mai giocato alcun ruolo nelle reti terroristiche internazionali. Il presidente statunitense ha dall’inizio del suo mandato lasciato capire che non sottoscriveva la politica condotta da decenni nei confronti di Cuba e la sua mossa preannuncia ora la battaglia per abrogare l’embargo, in atto dal 1962.

In realtà il “bloqueo” contrariamente a quanto spesso si sente, è del tutto parziale. Basta consultare il sito web del dipartimento americano del commercio per notare ad esempio che i polli che si mangiano all’Havana vengono in pratica tutti… dal Kentucky. Dal 2000 in effetti, dall’embargo statunitense sono esclusi sia i prodotti alimentari sia i medicinali. Ma il “bloqueo” è stato funzionale sia a Washington, che ha potuto far credere di avere il pugno duro contro la “dittatura comunista”, sia all’Havana che ha riversato tutte le colpe della disastrosa situazione economica sulla “cricca imperialista” americana. Una sua abrogazione è tuttavia di competenza del Congresso. E la battaglia è già iniziata a suon di dichiarazioni.

In quest’ottica si staglia abbastanza chiara la strategia del presidente: mettere con le spalle al muro i repubblicani. L’opinione pubblica è chiaramente favorevole oggi alla normalizzazione con Cuba: se i Repubblicani dovessero perseverare nella loro posizione oltranzista, passerebbero agli occhi degli americani per quelli che impediscono il cambiamento, responsabili dell’impasse politica. Se dovessero invece mutare atteggiamento, rischierebbero di vedersi accusati di incoerenza con le loro promesse elettorali, importante all’oltranzismo nei confronti del vicino comunista. Il riavvicinamento Cuba-USA diventerà così una delle principali questioni di politica… interna in vista delle presidenziali del 2016.

Roberto Antonini

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