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Il virus non ferma il boia

Eseguita in Missouri la prima pena capitale durante la pandemia. Nostra intervista al direttore del “Centro Informazione sulla pena di morte”

  • 20 maggio 2020, 10:08
  • 10 giugno 2023, 01:05

RG 08.00 del 20.05.20 - La corrispondenza di Emiliano Bos

RSI Mondo 20.05.2020, 09:37

  • keystone
Di: Emiliano Bos / Corrispondente dagli Stati Uniti

L’iniezione al contrario. Contro la vita e contro il buon senso. Mentre nel mondo gli scienziati si scervellano per trovare il rimedio al COVID19, in Missouri gli hanno infilato in una vena la dose letale.

Walter Barton, 64 anni, è il primo condannato a morte ucciso durante la pandemia.

C’erano dubbi sulla sua colpevolezza. E prove della sua innocenza. Eppure poche ore fa è stato giustiziato per un crimine che potrebbe non aver commesso.

“Questa esecuzione ci fa capire quali siano le priorità, per lo Stato del Missouri: anteporre l’uccisione dei detenuti rispetto alla sicurezza e alla salute dei suoi cittadini durante la pandemia” dice alla RSI Robert Dunham, direttore del “Centro Informazione sulla pena di morte”, un noto centro di ricerca sulla pena capitale fondato a Washington trent’anni fa.

Il coronavirus ha impedito all’avvocato di Barton di presentare nuovi elementi. Né gli ha permesso di convocare testimoni. E nemmeno di consegnare istanze di rinvio. No. Tutto sigillato per il lockdown. Tranne la dispensa dei veleni e l’officina della morte.

Walter – chiamato Arkie in carcere, perché originario dell’Arkansas - era stato condannato alla pena capitale al suo quinto procedimento giudiziario. L’elenco delle storture procedurali nel suo caso è lungo, come spiega Dunham.

“La testimone principale dell’accusa, per la procura statale, è stata una donna condannata trenta volte per frode e altri reati. Era inaffidabile”.

E poi ci sono alcune prove, come la goccia di sangue trovata su Barton, ma incompatibile con un omicida che ha sferrato 50 coltellate alla sua vittima. Lui è stato ritenuto colpevole solo al quinto processo, con l’accusa di aver assassinato l’81enne Gladys Kuehler. I fatti risalgono al 1991. L’anziana era la custode della proprietà che ospitava case-mobili. Abitava lì anche Walter. Che si è sempre dichiarato innocente.

Nuovi riscontri, presentati di recente – ci ha detto ancora Dunham - hanno confermato “che la prova del sangue era completamente falsa. Con questi elementi di innocenza è davvero inquietante che il Missouri abbia compiuto l’esecuzione”.

Tre dei giudici popolari che hanno condannato Walter hanno detto che non avrebbero preso questa decisione. Se solo avessero avuto le nuove prove. Che invece aveva a disposizione il governatore repubblicano del Missouri, l’ex-sceriffo Mike Parson. 7mila persone gli hanno scritto per chiedere la clemenza per Walter. Ma lui domenica ha autorizzato l’iniezione letale, avvenuta poche ore fa.

E’ la prima condanna eseguita durante la pandemia. L’ultima – prima dell’emergenza sanitaria – era avvenuta in Alabama. Lo scorso 5 marzo è stato giustiziato Nathaniel Woods, “quasi sicuramente un innocente”, aggiunge il Direttore del “Centro Informazione sulla pena di morte”. Ora l’esecuzione in Missouri, in piena epidemia. “Questo – conclude Dunham - ci dice tutto sullo stato della pena di morte qui in America. Sta scomparendo in gran parte del paese. Ma nei pochi luoghi dove resta in vigore, gli Stati si comportano in modo scellerato. E vengono messe a morte persone di fatto innocenti”.

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