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Gli esperti: “Limitare l’uso degli smartphone ai minori”

Rischi per la salute (e non solo): in Francia il presidente Macron ne ha fatta una priorità nazionale - E in Svizzera?

  • 2 maggio, 19:23
  • 2 maggio, 22:53
Il tempo dedicato alle attività che impongono una messa a fuoco da vicino è troppo

Il tempo dedicato alle attività che impongono una messa a fuoco da vicino è troppo

  • Reuters
Di: SEIDISERA/TG/RSI Info

Gli smartphone e i tablet sono apparecchi ormai onnipresenti. E crescono le preoccupazioni e le paure sul loro utilizzo, soprattutto da parte dei minorenni. Così c’è chi propone regole e limiti.

In Francia, il presidente Emmanuel Macron, ne ha fatta una priorità nazionale. Secondo lui in gioco c’è non solo la salute mentale di bambini e ragazzi, ma anche il futuro della democrazia. E ha appena ottenuto le raccomandazioni di un gruppo di esperti, che vorrebbe presto tradurre in legge per imporre limiti. Le misure elaborate dal gruppo di esperti sono radicali. E partono da un primo drastico punto: il divieto assoluto di schermi per i bambini al di sotto dei 3 anni. Troppo pericolose queste tecnologie per lo sviluppo dei piccoli, ancora troppo imponderabile il loro impatto. Dai 3 ai 6 anni l’uso dei tablet andrebbe poi fortemente limitato, con contenuti solo educativi e sempre con la supervisione di adulti. E che dire dell’uso del telefono cellulare? Gli esperti francesi precisano: mai prima degli 11 anni e comunque SENZA accesso a internet, consigliabile solo a partire dai 13 anni.
Un’apertura comunque limitata, quella ai tredicenni, che esclude, sempre stando alle raccomandazioni degli esperti francesi, l’accesso ai social media, reputati troppo insidiosi. E allora a che età suggeriscono dunque di consentire l’accesso ai social gli esperti francesi? Quindici anni. Ma, si badi, solo se i social sono reputati “etici”. Per Instagram, Tik Tok o Snapchat il comitato di esperti suggerisce di aspettare il compimento della maggiore età, diciott’anni. Quelle presentate sono finora solo proposte, che inciampano in ostacoli giudici e chiamano in causa le libertà individuali. Ma che hanno già scatenato un acceso dibattito.

Per capire se quella francese sia davvero una soluzione utile e soprattutto praticabile, la RSI ha intervistato Laura Zgraggen, pedagogista e responsabile di due progetti legati al digitale presso la Fondazione della Svizzera italiana per l’Aiuto, il Sostegno e la Protezione dell’infanzia (ASPI).

Laura Zgraggen è convinta che porre limiti molto chiari nell’approccio alla questione degli schermi per i bambini e i ragazzi possa aiutare moltissimo. sia i ragazzi sia gli adulti, che spesso si trovano in difficoltà nella gestione di questi strumenti. Adulti che si trovano in difficoltà anche di fronte alle richieste dei ragazzi, che dicono di sentirsi esclusi dal gruppo se viene impedito loro di possedere, ad esempio, uno smartphone... Secondo la pedagogista, quindi, una decisione politica che riguardi la comunità “potrebbe davvero arginare una serie di derive e di rischi”.

Zgraggen spiega che tra i genitori c’è consapevolezza riguardo ai rischi di una sovraesposizione. “Però stiamo parlando di strumenti estremamente potenti. Anche se c’è un monitoraggio attivo da parte della famiglia, a volte i ragazzi si trovano intrappolati in situazioni che sono più grandi di loro e non hanno le strutture cognitive che gli permettono di gestire tutto quello che possono incontrare in rete”, sottolinea la pedagogista.             

I bambini che utilizzano strumenti digitali al di sotto dei tre anni non fanno quella serie di esperienze fondamentali per la loro crescita. E questo è stato dimostrato dalle neuroscienze, spiega Zgraggen. E questo può inficiare, intaccare lo sviluppo del cervello. “Vanno a mancare una serie di competenze e queste competenze non si riescono più a recuperare. È spaventoso, e questo dato deve fare riflettere”.                               

“Quello che può aiutare l’adulto nella gestione di questi strumenti è definire una sorta di contratto all’utilizzo dello strumento. E questo contratto deve essere creato insieme, deve essere un contratto condiviso. Il fatto di prendersi del tempo prima di dare in mano ai minorenni un telefonino, una Nintendo, qualsiasi strumento digitale... per definire quali sono i limiti e le regole all’interno delle quali i ragazzi e i bambini si possono muovere, è di estremo aiuto per entrambe le parti, sia per i bambini sia per i genitori, che possono appellarsi a questo contratto, laddove le cose non funzionassero”.         

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